Contro gli sprechi: il sistema alimentare europeo non è sostenibile

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I modelli di produzione e consumo alimentare non sostenibili nei paesi europei evidenziano la necessità di una maggiore consapevolezza dei consumatori riguardo agli impatti ambientali delle loro scelte alimentari. Un recente studio pubblicato su Nature Food sottolinea l’importanza di modificare i sistemi alimentari per il benessere delle persone e del pianeta.

Il 2 agosto 2023 ha segnato l’overshoot day di quest’anno, ossia il giorno in cui la Terra ha esaurito il suo budget annuale di risorse naturali. Ciò significa che ciò che l’umanità richiede alla natura supera la capacità rigenerativa degli ecosistemi mondiali.

Inoltre, per i paesi europei l’overshoot cade all’inizio di maggio, a dimostrazione che l’impatto dello stile di vita e del modello di consumo degli europei è chiaramente al di sopra della media globale.

Uno studio pubblicato recentemente su Nature Food evidenzia l’impatto ambientale del settore alimentare, dei suoi modelli di produzione, approvvigionamento e consumo, che rappresentano circa il 30% dell’impronta ecologica dei paesi dell’UE-27. L’impronta ecologica è definita come “l’appropriazione di risorse biologiche e servizi ecosistemici per sostenere modelli di consumo” ed è cruciale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal dell’UE.

Gli autori dello studio, tra cui Marta Antonelli del CMCC, hanno lavorato per fornire una stima della misura in cui i sistemi alimentari generano pressioni sugli ecosistemi e sull’ambiente a livello globale. Queste pressioni possono essere di diverso tipo: dall’uso del suolo all’inquinamento idrico, dalle emissioni di gas serra alla perdita di biodiversità. Ad esempio, circa un terzo delle emissioni di gas serra causate dall’uomo sono prodotte dal settore alimentare. L’articolo mostra che il consumo alimentare determina circa il 30% della domanda di un ampio insieme di risorse ecologiche, misurate tramite l’impronta ecologica degli europei.

“I consumatori di solito non hanno una piena conoscenza degli impatti ambientali associati al cibo che consumano”, hanno scritto Antonelli e Alessandro Galli, primo autore dello studio, “mentre c’è un’estesa preoccupazione tra scienziati e ricercatori dei sistemi alimentari riguardo la necessità di cambiare il modo in cui il cibo viene prodotto e consumato per guidare una trasformazione globale a beneficio della salute delle persone e del pianeta”.

Un altro punto evidenziato dalla ricerca è la connessione tra la porzione di biocapacità (biomassa e servizi ecosistemici) per il consumo alimentare che proviene dall’UE e la capacità dei paesi europei di mantenere un sistema di approvvigionamento alimentare sostenibile.

“Circa un quarto della biocapacità necessaria per il cibo consumato nella regione dell’Ue-27 proviene da paesi extra-Ue”, scrivono gli autori. “L’aumento del commercio intraregionale si riflette anche in una quota crescente dell’impronta alimentare che dipende dalla biocapacità intra-Ue, pari a circa due terzi del totale”.

Come spiegano gli autori, questa ricerca sottolinea la necessità di politiche comprensive tra vari settori per guidare la trasformazione del sistema alimentare, affrontando le questioni legate alla produzione, al consumo e al commercio alimentare, e ai loro impatti ambientali.

Questi risultati possono essere estesi oltre l’UE-27, e applicati a livello globale. Nonostante questa ricerca abbia limitazioni dovute alla sua portata paneuropea, può comunque servire da base per guidare azioni lungo le catene di approvvigionamento alimentare, informare lo sviluppo di politiche a vari livelli di governance e promuovere politiche intersettoriali per migliorare la collaborazione tra scienza e politica.

 

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